Ci sono voluti parecchi anni, ma dopo il crollo dell’Unione Sovietica, il potere d’acquisto del russo medio è aumentato, e non di poco. Ad ogni modo, se da una parte l’aumento della ricchezza generale ha portato indubbi benefici, dall’altra ha decretato la fine delle case automobilistiche russe. Con il crollo del muro di Berlino, infatti, per la prima volta si è permesso ai costruttori occidentali di commercializzare le loro vetture nell’ex blocco sovietico. Di conseguenza, i russi non erano più disposti ad acquistare auto prodotte all’interno dei confini nazionali, caratterizzate da un design e da una tecnologia risalenti ad almeno 30 anni prima.
I dati del mercato parlano chiaro: ancora oggi, ai russi piacciono le auto prodotte in
occidente. Tuttavia, a marzo 2013, una nuova casa automobilistica chiamata TagAZ, provò ad invertire queste tendenza: propose sul mercato una vettura dal gusto europeo (almeno secondo l’azienda), una berlina a 4 porte con tetto da coupè: il suo nome era Aquila, ed era spinta da un 1.6 benzina di origine Mitsubishi da 107 cavalli abbinato ad un cambio manuale a 5 rapporti.
Almeno all’apparenza, l’idea non era affatto male: proporre un’auto realizzata in Russia con canoni europei avrebbe potuto decretarne il successo. L’unico problema, è che proprio i “canoni europei” non erano rispettati: qualità dell’abitacolo, assemblaggi e meccanica lasciavano alquanto a desiderare. Il risultato? La TagAZ ha chiuso i battenti il 21 gennaio 2014, a nemmeno un anno dalla sua apertura. Per capire al meglio il perché di questo fallimento, vi basta dare un’occhiata al video qui sotto, dove possiamo dare un’occhiata alla TagAZ Aquila molto da vicino.