La fabbrica abbandonata della Bugatti

 

Da qualche settimana, seguo su Facebook una pagina chiamata “I luoghi dell’abbandono“. Dietro ad un nome così curioso, si cela un gruppo di persone che visita e fotografa paesini, ville e stabilimenti ormai abbandonati a se stessi. Nulla a che fare con il mondo dell’auto, finché – qualche giorno fa – sulla home del popolare social network mi appaiono le foto che potete vedere in questo articolo. I fondatori della pagina hanno fatto visita all’ex stabilimento Bugatti di Campogalliano, in provincia di Modena, un luogo decisamente carico di fascino per ogni appassionato di motori.

Toccando un argomento a noi caro, delle foto del genere non potevano di certo passare inosservate, anche perché mi danno l’occasione di scrivere qualche riga su Romano Artioli, l’imprenditore che – già proprietario di un brand importante come Lotus – decise di far risorgere dalle sue ceneri anche Bugatti, realizzando nel 1992 – senza badare ad alcuna spesa – la nuova tecnologica sede in terra emiliana. A Campogalliano fu progettata, testata e quindi realizzata una tra le più belle e più veloci vetture dei primi anni ’90, la leggendaria Bugatti EB110. Ad ogni modo, le cose non andarono per il meglio e – dopo soli 6 anni – Artioli fu costretto a dichiarare fallimento.

Come saprete, nel 1998 a rilevare il brand Bugatti fu il gruppo Volkswagen che decise di spostare la produzione dal nuovo stabilimento di Campogalliano alla città dove il marchio fu fondato dal milanese Ettore Bugatti, a Molsheim, in Francia. Il resto, è più o meno storia recente: nel 1999 debuttò la concept-car Chiron, che poi diede vita alla Veyron e quindi oggi alla sua sostituta, presentata al Salone di Ginevra 2016, la Chiron definitiva. 

A dirla tutta, i tedeschi si sono dimenticati di trasportare fino a Molsheim un elemento molto importante per la storia della Bugatti, ovvero la porta originale (foto sotto) dell’ufficio di Ettore Bugatti, voluta proprio da Artioli all’interno del suo stabilimento. La solita mancanza di sensibilità del popolo teutonico?

Probabilmente, dalle foto qui sotto noterete un dettaglio: nonostante il fatto che l’ex stabilimento sia abbandonato da decenni, il giardino e tutte le aree esterne sono ancora tenute in modo quasi impeccabile. Questo perché il primo custode della fabbrica, il signor Ezio Pavesi, ha ancora oggi il compito di occuparsi di tutte le opere di manutenzione: oggi è infatti dipendente di uno studio di avvocati di Roma che ha acquistato questo pezzo di storia automobilistica all’asta quattro anni fa.

Per ingrandirle le immagini basta cliccarci sopra.